sabato 18 luglio 2009
Death is my only friend - Death by stereo
Death is my only friend, ultimo album di una delle mie band preferite, i Death by stereo.
Una delle loro caratteristiche è quella di essere poco "etichettabili" come gruppo(è anche per questo che mi son sempre piaciuti) anche se, è facile riconoscere, nella loro musica e in quest'ultima produzione, molte influenze di tipo metal/trash, altre punk/hardcore e altre più semplicemente rock.
Metto bene in chiaro una cosa: amo tutti gli album dei DBS ma il mio preferito è Into the valley of the death.
Detto questo, posso dire che quest'ultimo lavoro risulta in linea con il precedente per la vena melodica, anzi, qui è ancora più marcata, specialmente per quanto riguarda la voce di Efrem nei vari ritornelli: viene spesso accompagnata dagli onnipresenti "UOoooooh-Oooooo-oh" dei cori come in I sing for you o in We sing today for a better tomorrow e tendenzialmente tende ad essere meno urlata o distorta.
Forse qualche ritornello eccessivamente melodico (traccia numero 4 con assolo strappamutande, ad esempio...), qualche giro di chitarra volutamente molto orecchiabile c'è e questo sarà molto chiaro a tutti sin dal primo ascolto (magari qualche pezzo vorranno passarlo alla radio chennesò...) e a proposito di melodia, la traccia numero sette, è il rifacimento di Forever and a day con pianoforte, voce, archi (synth?) e cori come se non ci fosse un domani: lacrimuccia? Non so, io preferisco l'originale.
Ok, tanta melodia, tanti girettini un pò "catchy" però... ci sono anche brani che spaccano piuttosto di brutto: parlo, oltre che della buona traccia di apertura Opening Destruction, di The ballad of Sid Dynamite, delle ottime Bread for the dead (bella la cavalcata di batteria con assolo slayeriano), Wake the dead e (forse la mia preferita) la grintosissima Welcome to my party. La stessa We sing today for a better tomorrow, citata sopra, ha un bel riffing di chitarra tirato e trash che diviene una caratteristiche delle ultime 4 o 5 canzoni dell'album, infatti, piuttosto inaspettatamente visti certi episodi stramelodici come The last song o un pò piatti come I got your back, l'album si chiude con le canzoni più tirate: oltre alla già citata Welcome to my party, Fear of a brown planet e For all my friends sparano hc da tutte le parti anche un pò old-school in certi frangenti, la prima dura meno di due minuti mentre l'ultima traccia ha detto tutto in 59 secondi. In tutto l'album ci sono assoli come se piovesse, lo smanettamento dei chitarristi è sempre apprezzato e su questo i DBS non hanno mai deluso nessuno.
Che dire in conclusione? Buon album, più lineare e prevedibile nella composizione rispetto agli altri lavori (dimentichiamoci If looks could kill...), alcune tracce ti fanno alzare le corna in cielo, altre passano un pò indifferenti all'ascolto ma il marchio di fabbrica dei DBS, che devo ancora capire bene qual'è, c'è.
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3 commenti:
oh l'ho scoltato un po'.. proprio nol me pias
ho sentito solo il singolo e non prevedo nulla di buono...
beh è decisamente più orecchiabile degli altri, ci sono alcune canzoni che potrebbero passare per radio...
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