domenica 19 luglio 2009

The Chariot - Wars and rumors of wars




Ammetto che è stata dura arrivare a fine cd, che sia chiaro: amo i Dillinger escape plan, qualche volta ascolto i Psyopus, con i Meshuggah mi ci addormento alla sera e non parliamo dei capolavori dei primi Norma Jean, i The Chariot mi piacciono ed ho apprezzato tantissimo il precedente lavoro The Fiancee, ma questo Wars and rumors of wars è una vera e propria serie di martellate per l’apparato uditivo. Sia come sound che è distortissimo, noise, dissonante, per nulla sintetico anzi piuttosto grezzo e sporchissimo; sia come brani che sono imprevedibili, apparentemente incompleti, un accostamento di manciate di note e grida disperate compresse fra loro, in modo forzato, che genera una sensazione di isolamento e disagio incazzato. Basta sentire le urla nel brano di apertura Teach o il finale di brani come Evolve, canzone che sembra portata a termine allo stremo delle forze prima di collassare totalmente; inutile dire comunque, che in tutto l’album è sempre presente quel tappeto di feedback e interferenze infangate quasi a voler dare l’idea che il gruppo non si regge più in piedi. Sospiri, disperazione e tempi serratissimi sono presenti in molte canzoni come Never I che si conclude a 2:44 e dopo tre secondi ricomincia solamente con batteria e una voce che fischia in lontananza…pazzi. Qualche chitarra pulita si sente nel finale di Giveth; nell’inizio di Abandon, mentra una chitarra nemmeno tanto pulita e molto riverberata suona un riff piuttosto cupo e sinistro, un’altra chitarra si accorda, si avete capito bene, si accorda…pazzi. Poi se a qualcuno piace tagliarsi i timpani allora consiglio di andare ad ascoltare la traccia numero otto, Daggers, e ascoltare tutto il finale dove una batteria cadenzata, accompagnata da un battito di mani, guida all’autodistruzione una chitarra e il suo amplificatore. Fino a quanto si può “sporcare” una traccia di chitarra in studio di registrazione The Chariot ce lo spiegano nella penultima canzone, Oversea, che riassume in 45 secondi tutto quello che è stato detto fin’ora, pazzi. L’ultimo pezzo parte con tre accordi di un pianoforte blues e finisce nella distruzione più totale. Wars and rumors of wars non è un album, è un trip che parla di 4 musicisti in debito di ossigeno che scalano una montagna e combattono per non essere divorati dai propri strumenti musicali. Grandiosi cazzari o assoluti geni? Entrambi direi.

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