New Junk Aesthetic, ultimo gioiellino firmato Every time I die, è uno dei migliori album che mi sono passati tra le mani di recente; la linea è quella già conosciuta negli album precedenti (The big dirty e Gutter phenomenom) ma è bene spiegare a cosa oramai mi hanno reso dipendente gli Every time I die: stiamo parlando di un ottimo mix di un rock’n’roll e hardcore, hard rock con qualche spruzzatina di metal-core, atmosfere “southern” bastardizzate in chiave moderna…Buffalo Bill che prende a calci un amplificatore facendo headbanging, non so se ho reso l’idea…stiamo parlando di roba del genere.
Detto questo, New Junk Aesthetic si apre stavolta con una traccia, Roman Holiday, diversa dal resto dell’album: tempi rallentati, chitarre che sparano 4 accordi in croce ma che riescono a creare quell’atmosfera di attesa per le canzoni successive le quali arriveranno come veri e propri proiettili alle orecchie di chi ascolta. Infatti, in canzoni come The marvelous slut o Who invented the russian soldier, la voce graffiante e sempre in tensione non lascia un attimo di tregua e bene si incastra con una sezione ritmica, per nulla scontata, sempre in grado di rendere originali le melodie offerte dalle chitarre. Una delle migliori canzoni, assieme alla fantastica traccia conclusiva dell’album Goddamn kids these days (da ascoltare!) e la spettacolare canzone numero nove Host disorder, è Wanderlust: un perfetto incontro di potenza metallica associata ad un cantato rock’n’roll piuttosto sconsolato ma melodico, canzone sulla quale gli Every time I die ci hanno fatto anche un video. Dopo aver incassato ancora mazzate con For the record e White smoke si arriva a Turtles all the way down che arresta per un po’ il batticuore creato sino a questo punto, per regalarci atmosfere di rock più aperto e con un retrogusto piuttosto sinistro in stile horror da drive-in, degna di nota anche la furia di After one quarter of a revolution, e che rivoluzione sia a stò punto! Concludo: in un mare di roba che si assomiglia tutta gli Every time I die ci regalano sempre una boccata di originalità ben interpretata, forse quest’album non suona molto differente dal precedente ma suona dannatamente alla grande.
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